La parola d’ordine del mondo del calcio, e quindi della Serie A, scrive il Corriere della Sera è "ricominciare a porte chiuse". Come se una partita fosse 11 contro 11, più la panchina. Coinvolge centinaia di persone, tutte qualificate, addetti ai lavori, i famosi broadcaster, tecnici, operai, impiegati, forse i giornalisti, gente che ha famiglia. Perché costringerli ad andare a lavorare a Brescia, Bergamo, Milano, Verona, tutte zone ora rosse? Non lo saranno più? Speriamo, ma non c’è un infettivologo, un medico, un virologo, un ricercatore che adesso garantisce un futuro così roseo.

Il calcio ha già rinviato gli Europei nel 2021. L’occhio corto del calcio ha guardato a maggio per ripartire ma al momento sembra una pura utopia. Ieri la botta di novità: si riprende a settembre, magari a ottobre. Ma perché ripartire a tutti i costi? Si ha paura delle cause legali, è la motivazione fondamentale che spinge a ripartire a tutti i costi. È il timore di Gravina, di andare incontro a cause infinite, avviate da quelle società più sensibili ai fatti loro. Orientato ad accontentare l’UEFA, minacciosa con chi studia e programma piani alternativi. Non si ha il coraggio, la prudenza, l’etica, il buon senso di fare come in Belgio dove chi governa il pallone ha scritto la parola "fine". Meglio pensare alla salute, nostra, quella del calcio, industria importante per il Paese, e alla prossima stagione. Quella sì va organizzata per bene, con testa e cuore. Significherebbe capire la lezione impartita dal mostro.

Sezione: Non solo Sasol / Data: Mar 07 aprile 2020 alle 11:42
Autore: Redazione SN / Twitter: @sassuolonews
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