Roberto De Zerbi è pronto a sfidare la Lazio. La vittoria prima della sosta contro il Bologna ha rasserato la classifica di un Sassuolo che, rispetto alle dirette concorrenti per la salvezza, ha una partita da recuperare, ma che sa di dover lottare ancora molto per restare in A. De Zerbi è pronto a soffrire, ma non firmerebbe per salvarsi all’ultimo tuffo perché culla l’ambizione di mettersi al sicuro in anticipo. Con il bel gioco? Per quello ha un debole, ma lui preferisce parlare dell’organizzazione che dà alla squadra. Nel giorno del suo viaggio a Roma per partecipare all’incontro con gli arbitri, ci ha parlato del match contro la Lazio, ma anche di Var, razzismo, scudetto e Mihajlovic, il collega al quale darebbe la Panchina d’Oro per come sta lottando contro la sua malattia. Ecco la sua intervista integrale al Corriere dello Sport.
De Zerbi che bilancio fa dell’inizio di stagione del Sassuolo?
"Potevamo avere qualcosa in più. Intendo un po’ di continuità, ma anche qualche punto".
E’ deluso?
"No perché bisogna valutare tutto, ovvero quanti giocatori nuovi sono stati acquistati, quanti sono andati via e che problematiche ci sono state a livello di infortuni e di arrivi a mercato quasi finito. E’ vero che in alcune partite siamo venuti meno sotto il profilo dell’attenzione e della cura dei dettagli, e queste sono cose non dovrebbero succedere, ma ci sono state anche gare ben giocate".
Come il derby vinto prima della sosta con il Bologna.
"Siamo venuti fuori bene da un momento non semplice e abbiamo trovato la quadratura del cerchio. Ora bisogna proseguire così, senza guardare la classifica. Lo scorso anno a questo punto eravamo più avanti, ma non è detto che non possiamo far bene. Il campionato ora è più equilibrato e, se 12 mesi fa a un terzo del torneo c’erano già due squadre proiettate verso una stagione difficile (Chievo e Frosinone, ndr), ora tutte sono in salute. Lo confermano gli incontri difficili che vengono fuori ogni domenica".
Quando è importante per voi aver ritrovato Caputo?
«Onestamente non lo abbiamo mai perso. Ha avuto un momento complicato dal punto di vista fisico, ma per noi è sempre stato determinante e ci dà quell’esperienza e quella mentalità delle quali la squadra ha bisogno. Spero che con il Sassuolo si tolga quelle soddisfazioni che finora in carriera gli sono mancate a causa della sfortuna.
Quanto è dispiaciuto per l’infortunio che sta togliendo Berardi a lei e al ct Mancini?
"Gli infortuni fanno parte del calcio, ma nel suo caso dispiacciono particolarmente perché Domenico per noi è determinante non solo come calciatore, ma anche come uomo squadra".
Sorpreso con uno con le sue qualità non indossi ancora la maglia di una grande?
"Sorpreso fino a un certo punto. Lui è straordinario, ma è anche un ragazzo di una sensibilità spiccata e devi saperlo prendere. Solo così ti dà tutto. Per comprendere il Berardi calciatore devi comprendere il Berardi uomo che è di alto spessore".
Quanto è stata pesante per Berardi e lo spogliatoio la perdita di Squinzi?
"E’ un vuoto che si fatica a colmare anche adesso perché il patron Squinzi era davvero una persona diversa. Uno come lui manca e, anche se non era presente tutti i giorni a causa della malattia, si faceva sentire mandando i suoi messaggi attraverso l’amministratore delegato o il team manager. Onorare il suo ricordo deve essere uno stimolo in più".
Anche Boga può arrivare in una grande?
"Deve completarsi e al talento pazzesco di cui dispone, per arrivare in una grande deve aggiungere altre cose come i gol, la partecipazione all’azione e il non isolarsi per lunghi tratti della gara. Boga però non è l’unico giocatore forte che abbiamo: ci sono Locatelli, il rientrante Rogerio, Traoré, Djuricic che recentemente è stato convocato in nazionale dalla Serbia dopo 4 anni, Duncan…".
Con Rogerio sistemerà la fascia sinistra.
"Ci è mancato tanto esattamente come Ferrari. I tanti infortuni abbassano il livello dell’allenamento e io sono uno di quegli allenatori che preferisco sbagliare le scelte piuttosto che essere obbligati dall’emergenza a fare la formazione".
Domenica dovrete guardarvi dall’ex Acerbi sui calci piazzati.
"Non solo da lui perché se la Lazio non è la squadra più forte del campionato sui calci piazzati, poco ci manca. Acerbi mi sarebbe piaciuto allenarlo".
Chi è il pericolo pubblico numero uno tra i biancocelesti?
"Ce ne sono tre-quattro: Immobile, Correa, Luis Alberto e Milinkovic. Se ti concentri su uno, magari ne perdi un altro".
Immobile può vince la classifica dei cannonieri?
"Penso di sì. Se la giocherà con Lukaku e Ronaldo".
Per la Lazio è l’anno giusto per conquistare la Champions?
"Sì, ma a questo obiettivo loro sono andati vicini anche due stagioni fa, mentre la scorsa hanno vinto la Coppa Italia. La Lazio è da tempo ad alti livelli, non dimentichiamolo".
Quanti meriti ha Inzaghi?
"Tanti, perché negli anni alla Lazio ha sempre fatto benissimo e non è una cosa scontata: a Roma le pressioni sono forti".
Che partita si aspetta?
"Difficile perché loro ti possono far male sia schiacciandoti sia quando ripartono. Dovremo affrontarli con le nostre armi e senza paura".
La infastidisce se i suoi critici sostengono che il Sassuolo incassa troppi gol e che De Zerbi non cura la fase difensiva?
"No perché sono abituato alle critiche: sono da 25 anni nel mondo del calcio e so che quando le cose non vanno bene arrivano le critiche. Il Sassuolo è una formazione a trazione anteriore, ma curiamo allo stesso modo le due fasi. Il problema è che il nostro gioco necessita di attenzione massima e non si possono commettere errori".
E se le dicono che per le tante reti subite lei è un po’ zemaniano cosa risponde?
"Essere zemaniano per me è un complimento perché Zeman è uno dei pochi allenatori che ha cambiato questo gioco. Se mi paragonano a lui, sono orgoglioso. Non mi piace prendere tanti gol e non parto per vincere 4-3, ma se sono avanti 1-0 non amo gestire il risultato".
I suoi ammiratori invece ribattono che le squadre di De Zerbi puntano sempre a giocare bene.
"Lo dicono quando vanno bene le cose… Io credo che il bel gioco sia una definizione sbagliata e comunque troppo soggettiva. L’organizzazione invece racchiude tutto ed è oggettiva. Perché una formazione funzioni deve essere equilibrata in entrambe le fasi".
Viene prima il risultato o il bel gioco?
"Partecipare a questo dibattito vuol dire voler creare Guelfi e Ghibellini a tutti costi, ma io non la vedo così. I risultato li vogliono tutti, ma ci sono diverse vie per raggiungerli".
Quali sono gli allenatori ai quali si ispira?
"Guardiola è stato ed è tuttora il numero uno, ma aggiungo anche Sarri, Giampaolo, Gasperini e Bielsa. Di quest’ultimo mi hanno colpito la coerenza, il coraggio e la persona che è: ho avuto la fortuna di conoscerlo 3-4 anni fa ed è davvero uno uomo di spessore elevato".
Anche De Zerbi come Bielsa è un po’… Loco?
"A me Bielsa non ha dato l’impressione di essere “loco”, ma solo vero, autentico, intransigente rispetto ai suoi valori e fermo nelle sue convinzioni morali. Io non mi reputo loco, ma so quello che voglio, quello che inseguo e vivo per quello che faccio".
Chi vincerà lo scudetto?
"Juventus perché è la più forte".
Il ritorno di Conte cosa ha dato al calcio italiano?
"Un competitor che lo scorso anno la Juve non aveva, ma anche idee nuove: Conte gioca ancora 3-5-2, ma qualcosa ha cambiato e ha riportato la sua mentalità vincente".
Chi è il giovane italiano da tenere d’occhio per il futuro?
"Locatelli. Finché sarà con me cercherò di spremerlo per migliorarlo e completarlo, anche scontrandomi con lui se ci sarà bisogno".
Quanto l’ha colpita la vicenda di Mihajlovic?
"Tantissimo e a lui penso spesso, non solo quando parlo del Bologna, anche in tanti momenti della giornata. Per me merita la Panchina d’Oro: per come ha gestito il problema della sua malattia, per la dignità con cui sta vivendo questo momento e per come, nonostante la sua assenza, la squadra va in campo ovvero con coraggio, organizzazione e temperamento".
Spera di abbracciarlo al Dall’Ara per Bologna-Sassuolo dopo che all’andata Sinisa non c’era?
"Spero tanto che riesca a guarire perché questa vicenda va al di là del calcio. Noi allenatori siamo sempre immersi nei problemi e trascuriamo tutto, anche la famiglia e gli vaghi a volte. Quando però ti capita una cosa del genere, ti fa riflettere e capisci i veri valori della vita".
Il calcio italiano riuscirà a eliminare il razzismo?
"Secondo me non c’è razzismo nel calcio, ma nella nostra società, nella vita di tutti i giorni. Allo stadio, poi, oltre al razzismo c’è il campanilismo".
E’ pro o contro il Var?
"A favore e alla grande. Tutto può essere migliorato, ma rispetto a 5-10 anni fa, quando c’erano dei processi per un rigore dato o non dato, quello attuale è un altro sport".
Quale sogno ha nel cassetto?
"Finire bene quest’anno, far crescere i tanti giocatori che ho e migliorare l’undicesimo posto della passata stagione. Per me sono tutte belle sfide".
Quando in passato ha letto che il Barcellona la seguiva, cosa ha pensato?
"Che non ci credevo tanto".
Firmerebbe per centrare la salvezza all’ultima giornata?
"Rubo una frase di Gasperini, quella in cui dice che “non firmo per niente”. La salvezza è il nostro obiettivo primario, ma siccome questo lavoro lo faccio con passione e amore, io non firmo per niente".
A proposito di passione, quando qualche anno fa in Foggia-Pisa vi siete incrociati lei e Gattuso, entrambi ne avete messa un po’ troppa in campo…
"In quell’occasione abbiamo discusso perché ci giocavamo un obiettivo importante. Può capitare a due caratteri caldi e forti come i nostri, ma io non porto rancore a nessuno. Figuriamoci a lui che a livello di temperamento mi assomiglia. Ci siamo già chiariti senza problemi e lo aspetto in Serie A".
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